Il tempo per acquistare, preparare, cucinare e sedersi a mangiare

“Il ritmo della vita delle persone è sicuramente molto cambiato e sono cambiate le abitazioni, tanto è vero che io mi ero stupita quando, molti anni fa, sono andata a trovare dei miei amici vegetariani, sono entrata nella loro casa e ho visto che non c’era la cucina: c’era un piccolissimo spazio in cui avevano a malapena un lavandino e un fornellino per riscaldare.
Questo è stato il mio primo incontro con persone che hanno fatto una scelta attenta sul cibo, ma che avevano abolito completamente il tempo per acquistare, preparare, cucinare e sedersi a mangiare. Loro andavano avanti o con delle cose fredde tipo una velocissima insalata o con delle cose che compravano anche prima e infilavano nel piccolo fornellino per poter riscaldare. Però questa cosa lentamente l’ho vista nascere anche qui intorno a me, primo perché una parte della vita si passa fuori, e da lì sono nate le tappe ai bar, le tavole calde poi anche la preparazione di una piccola quantità di cibo da portare in ufficio: c’è molto questa idea che il pranzo diventa mezz’ora, magari una piccola chiacchiera, una sosta, ma che non comprende il cucinare.
La sera è un’altra storia e le persone si dividono proprio tra quelle che trovano molto molto rilassante cucinare e chi invece lo trova una fatica non reggibile. In entrambi casi però nasce questa situazione dove anche io, che sono una che ama molto stare in cucina, ho trovato delle tecniche per cui sono sveltissima: io mi preparo una cena, oppure la mattina presto mi preparo un pranzo, anche con 2-3-4 persone, non impiegando mai più di un quarto d’ora. Ho cambiato proprio il mio modo di cucinare e questa è la mia sensazione: credo ci sia proprio necessità anche di trovare nei bar, in giro o acquistabile del cibo che sia facilissimo da fare e che magari conservi, almeno in buona parte, delle qualità alimentari e che abbia l’intelligenza di essere frutto di una produzione attenta all’ambiente. E questo non c’è molto.
Una cosa che io trovavo in Oriente, e che qui invece non trovo, è questa grande usanza di avere distribuiti ovunque, ad esempio in Cina, dei grandi contenitori con l’acqua veramente bollente e tutti quanti possono farsi un tè oppure scaldare un cibo disidratato pronto già per una zuppa o per gli spaghetti. Questo cibo disidratato non è mai entrato nella nostra attenzione, nostra intesa come di chi non vuole pesticidi sui campi, non desidera conservanti nei cibi e quindi io avrei anche voglia invece di trovare la stessa cosa però fatta con attenzione. Secondo me una tecnica molto antica è questa dell’essicazione, che è anche quella con cui andremo su Marte tra un po’ di tempo. Quindi abbiamo un passato e un futuro da conquistare. Però se io vado a vedere nei negozi coreani piuttosto che cinesi, le loro confezioni sono piene di sigle che io ho già cancellato dalla mia vita. Mi piacerebbe molto che nascesse invece un cibo disidratato, ma attento. Le loro non sono cattive, sono solo pericolosissime per la salute.
Riguardo alle case, c’è stato un passaggio che ha influito, purtroppo non positivamente. Il passaggio è stato che siamo diventati più attenti ai consumi energetici, quindi le case sono state coibentate o almeno sono stati messi degli infissi che non spifferano. Il problema è che quando è nata questa, che è una buona storia, è nata insieme all’uso di prodotti che sono impermeabili, non hanno la capacità di contribuire alla qualità dell’aria come aveva la vecchia calce, come aveva la terra cruda. Per cui succede che in tutte queste case, che sono rimesse a nuovo, anche in classe A+, se non c’è questa attenzione su dei materiali che abbiano la capacità di rigenerare la qualità dell’aria, questo ricambio non si verifica. Qualcuno ricorderà che nelle baite le persone hanno sempre fumato, ma alla mattina non c’era un solo cattivo odore perché, un po’ il legno naturale, un po’ gli intonaci fatti in terra cruda, questi hanno la capacità di assorbire gli odori e di ricambiare la qualità dell’aria. Per cui oggi le persone tendono a non sopportare più non solo la fatica della cucina, ma neanche gli odori del cibo, perché sono stagnanti all’interno della casa. Così alcuni cibi come cavoli, cavolfiori, fagioli che richiedono anche un tempo di cottura, se tu non hai più la cucina, ma hai un punto nel soggiorno, o in qualunque caso, uno spazio multifunzionale, tu hai una difficoltà nel sentire che un cibo non sparisce nel giro di 15-20 minuti come succede nelle case, invece, che hanno l’utilizzo di questi materiali che descrivevo prima. Anche i bagni: io posso fare un bagno senza areazione, se lo intonaco con terra cruda e sotto ci metto un pavimento di legno non trattato o al massimo trattato a olio: chiudo la porta, rientro dopo 5 minuti e l’aria è perfetta. Provaci con un bagno con altri materiali…
Certi prodotti di finitura, che magari non sono neanche tanto coerenti con delle scelte ambientali, nella casa si trasformano in materiali che non ci aiutano ad avere una buona qualità dell’aria. Non a caso le stalle sono sempre state imbiancate con calce una volta all’anno, perché la calce ha questa funzione. Tanti decenni fa è nata in Italia la Bioarchitettura: ora tutti i bioarchitetti ne conoscono regole e principi e anche l’industria si è adeguata con dei prodotti che non sono più soltanto impermeabili, sono traspiranti.
Però, quello che sto evidenziando è proprio il potere di alcuni materiali che si devono solo usare così come sono e, tra l’altro, sono anche bellissimi esteticamente. Se uno deve rifarsi la casa, suggerisco che tenga conto di questa considerazione, che chieda dei materiali con i quali può cucinare, è tanto banale come frase…
Io ho insegnato progettazione ambientale al Politecnico di Milano e tutti i miei studenti sono cresciuti su questi concetti. Noi abbiamo sempre cercato di progettare delle case passive, che consumino per come sono costruite, posizionate verso il sole, il vento con queste caratteristiche e sempre abbiamo studiato questi materiali, sempre, con tutti. Ormai siamo proprio tanti: purtroppo, quando si entra nell’edilizia, sono nati degli altri parametri più ingegneristici. Per esempio, molti architetti come me fanno delle case a bassissimo consumo energetico che non diventeranno mai in classe A+ perché noi non abbiamo il riciclo dell’aria automatico: le nostre case hanno qualcosa di troppo tradizionale, loro invece hanno messo dei parametri che sono molto legati agli impianti. Noi facciamo pochissimi impianti perché non ci servono.

Io ora non insegno più, ma faccio l’architetto e mi diverto. Mi chiamo Emilia Costa, ho 68 anni”

Nota di Agrispesa: le foto del titolo si riferiscono alla casa di paglia dell’Associazione L’altrove di Narzole (Cn), amici di Agrispesa. Progetto e direzione dei lavori architetti Veglio e Castagno di Alba.

Storie di agricoltura.