Tutto il cibo proviene dai semi


Il 4 marzo avremo il piacere di incontrare il professor Salvatore Ceccarelli ad Alba, primo di una serie di eventi che Agrispesa, insieme ad altre aziende agricole, col progetto Logicobio, sta portando avanti grazie al patrocinio della Regione Piemonte per la creazione ed il rafforzamento di reti locali di cibo biologico.

Tema dell’incontro saranno i semi, anche alla luce del nuovo Regolamento UE per il biologico e delle possibili ricadute di quest’ultimo sulle possibilità di costituire sistemi sementieri locali.

Salvatore Ceccarelli è stato professore ordinario di Genetica Agraria presso l’Istituto di Miglioramento Genetico, Università di Perugia fino al 1987. Dal 1980 ha condotto ricerche presso ICARDA (il Centro Internazionale per la ricerca agricola in ambienti asciutti, Aleppo, Siria) fino al 2006, e ha continuato a servire il Centro come consulente fino al 2014.

Durante la sua carriera, ha supervisionato numerosi studenti di master e dottorato, condotto corsi di formazione per ricercatori in Cina, Australia, Sud Africa, Filippine, Yemen, Giordania, Etiopia, Eritrea, India e

Bhutan, e pubblicato quasi 270 lavori scientifici; è stato un relatore invitato a quasi 30 conferenze internazionali.

Le sue aree di competenza sono il miglioramento genetico, l’interazione genotipo x ambiente, strategie di miglioramento genetico, la resistenza alla siccità, il miglioramento genetico partecipativo ed evolutivo, l’adattamento delle colture e l’uso delle risorse genetiche.

Decenni di ricerche hanno permesso al Professor Ceccarelli di dimostrare che il miglioramento genetico funziona meglio quando fatto coinvolgendo i contadini e che i miscugli di semenze possono portare ad un’evoluzione nei processi agricoli locali.

Il lavoro che faccio adesso – dice Ceccarelli – è frutto di un lungo percorso scientifico iniziato in modo formale in Italia e proseguito in studi di ricerca internazionale in Siria fino alla fine degli anni ’90. In quel periodo mi sono reso conto che la ricerca legata al ‘miglioramento genetico‘ fatta nelle stazioni sperimentali – e quindi in qualche modo artificiali – diventava sempre meno rappresentativa della realtà agricola; ho quindi cominciato a pensare che si sarebbero ottenuti risultati migliori spostando la ricerca direttamente nei campi dei contadini, mantenendo – ovviamente – lo stesso rigore scientifico”.

Per far questo, si è dovuto lavorare a lungo e in modo consapevole sulle relazioni con i contadini locali che sono stati coinvolti nel progetto in modo attivo e allo stesso tempo sono stati garantiti a livello ‘economico’ in modo che potessero dedicarsi all’esperimento senza mettere a rischio la propria sopravvivenza.

Questa attenzione a piccoli appezzamenti di terra siriani e ai lavoratori che li curavano poteva sembrare una perdita di tempo rispetto ai problemi che affliggevano e affliggono il mondo contemporaneo, ma Ceccarelli si è presto reso conto che “i nostri problemi globali – come l’accesso all’acqua, la lotta alla povertà e la malnutrizione – hanno bisogno di risposte locali. Non ci potrà essere una risposta globale. Io seguo una filosofia contraria a quella della ‘rivoluzione verde’. Una delle cose che sto facendo è trovare la pianta adatta per ogni ambiente specifico senza che questo debba essere modificato. Certo, con questi approcci diventa difficile massimizzare il profitto immediato, ma si hanno enormi ricadute positive sulla salute, l’ambiente e lo spreco di risorse”.

Questo lungo percorso ha portato il professore a lavorare con i contadini di Siria, Tunisia, Marocco, Giordania, Egitto, Algeria, Eritrea, Etiopia, Iran e Yemen. In tutti questi paesi, i contadini erano soddisfatti perché potevano coltivare ciò che secondo loro era idoneo per il fabbisogno del loro territorio e della loro peculiare situazione. Quando si ascoltano i contadini, infatti, si scopre che, anche nello stesso villaggio, contadini diversi possono avere esigenze diverse. Questo approccio riesce a rispettare e valorizzare queste differenze”.

Da qui un vero e proprio miglioramento… Un miglioramento genetico partecipativo in cui ci sono due entità che collaborano: ricercatore e contadino.

“Dal 2007 – continua Salvatore Ceccarelli – ho incontrato ostacoli nel nostro lavoro in Siria: gli agricoltori che da dodici anni facevano il miglioramento genetico partecipativo, infatti, avevano iniziato a selezionarsi le proprie varietà e a triplicarle per vendere i semi ai vicini. Peccato che questa pratica fosse illegale per il ministero dell’agricoltura siriano. Così il ministero ha chiesto al centro studi per cui lavoravo di chiudere il programma affermando che questo minacciava la sicurezza del paese. Noi non chiudemmo il programma ma il ministero smise di collaborare, e il mio lavoro diventò rapidamente insostenibile. Dovetti quindi ridimensionare geograficamente il programma. Per sopperire a questi imprevisti, con mia moglie ci mettemmo a pensare ad un metodo che rendesse gli agricoltori meno vulnerabili ai cambiamenti di umore delle istituzioni”.

E fu così che nel 2008 decisero di esplorare una metodologia che trovava le sue radici in ricerche californiane fino ad allora rimaste solo sulla carta. L’idea era quella di creare miscugli di semi diversi della stessa specie per poi seminarli e affidarsi all’evoluzione spontanea della natura.

I miscugli, o popolazioni evolutive, sono per Ceccarelli raccolte di semi di varietà differenti:“Una volta piantate all’interno di un campo le varietà si incrociano in maniera naturale e vengono influenzate dalle caratteristiche del luogo. Questo miscuglio diventa così una popolazione.

Il passo successivo è ovviamente la selezione di piante all’interno del campo. Ceccarelli, in questo caso, parla di miglioramento genetico evolutivo. Visto che le singole varietà con il passare degli anni si mischiano dando vita a nuove piante, l’agricoltore può andarsi a scegliere quella con le caratteristiche più idonee a quel determinato ambiente e clima. Ripiantandola ottiene una propria varietà uniforme, che si adatta perfettamente all’areale in questione essendosi evoluta in quella zona.

Questi esperimenti ebbero successo negli anni e nel 2010 arrivarono anche in Italia, attirando l’attenzione di molti agricoltori biologici. Con l’aiuto della rete semi rurali, questi miscugli si diffusero inizialmente in Toscana Sicilia e Puglia per poi raggiungere il resto d’Italia.

L’Università di Firenze, di Bologna, di Perugia, nonché un istituto del ministero dell’agricoltura e il CREA di Monsantoro del Tronto – spiega l’ex professore – hanno cominciato a lavorare sui miscugli per cui oggi ne abbiamo di zucchini, pomodori, ceci e fagioli. I vantaggi non sono solo economici. Questo approccio, infatti, riduce ed elimina la necessità di prodotti chimici, ed incide positivamente sulla salute”.

Per fortuna, nel 2014 la comunità europea ha approvato una deroga alla legge sulla uniformità delle sementi che rendeva queste sperimentazioni illegali.

Ora questa deroga è stata prorogata fino al 2021, e quasi contemporaneamente è stato approvato un regolamento sulla coltura biologica che consente di coltivare in modo bio le diverse popolazioni.

Per Ceccarelli, sono solo i primi passi: “Si sta aprendo un nuovo mondo in cui tutta l’esperienza accumulata potrà essere messa a punto ed estesa a molte più specie”.

Liberamente tratto da Italia che cambia

Storie di agricoltura.