“Il cardo gobbo si chiama così – ci spiega Mauro Villa – perché è come un gambo curvato, quasi accartocciato su sè stesso. È di colore bianco panna ed è fragilità, nel senso che si spezza facilmente. È croccante e delicato, dolce cosicchè e si può mangiare anche crudo, senza condimento. Nizza Monferrato è la città capoluogo della sua area produttiva, ma la coltivazione avviene in tutta l’area albese ed astigiana. Infatti i terreni sabbiosi di origine alluvionale che costeggiano il Belbo, insieme ad un clima autunnale nebbioso e freddo, consentono la buona crescita del cardo. Ma ci vogliono anche l’esperienza e le cure assidue dei “cardaroli”. 

La semina avviene a maggio; nel corso dell’estate le piantine vengono diradate e abbondantemente annaffiate, specie se fa molto caldo, perché il cardo ha bisogno di un microclima fresco e umido. A fine settembre le piantine vengono scalzate da un lato, coricate e progressivamente coperte di terra. Questo procedimento provoca l’incurvamento e l’imbianchimento del cardo, che deve stare almeno 25 giorni sotto terra. Si raccoglie fino a fine gennaio, momento dopo il quale la terra gela e non sarebbe più possibile estrarlo. Tutto il processo di coltivazione e raccolta viene effettuato a mano. 

Per pulirlo, stacca ad una ad una le foglie del cardo e, dopo aver tagliato il cardo a pezzi lunghi qualche centimetro, tira via i filamenti interni ed esterni della costa; è un’operazione da fare velocemente perché i cardi tendono ad annerire: per questo motivo, man mano che li pulisci, immergi i pezzi in una ciotola di acqua nella quale avrai spremuto mezzo limone. Prima di qualsiasi preparazione, lessali sempre in acqua bollente, finché li sentirai teneri”.

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