Castagne  Garessine

Abbiamo quattro ettari di boschi di Castagno. La pianta più giovane ha centocinquanta anni. Nessuno nella mia famiglia si ricorda di averle piantate – ci racconta Giuliano Ghiglia dell’azienda agricola Bottero di Garessio – nel senso che c’erano già. Una volta producevano dieci volte tanto quello che producono adesso. Nel senso che erano sane, non avevano problemi, erano vigorose, crescevano. Adesso invece cambiamento di clima, malattie varie, alla fine poverine stentano a crescere e non so neanche come hanno fatto a diventare tanto grandi.

Oggi è impensabile pensare che una pianta possa diventare grande come certe piante che si vedono nei boschi. Sicuramente in questo momento il clima non è più favorevole, il clima più adatto alla castagna era fresco. E poi ci sono delle importanti malattie, tipo il mal dell’inchiostro e il cancro corticale, che hanno proprio rovinato le chiome delle piante al punto da debilitarle tanto che riescono solo più a sopravvivere.
Noi cerchiamo di curarle, ad esempio l’anno scorso ho fatto delle potature per farle vivere, speriamo che se non altro sopravvivano.

Una volta c’era il treno di valle che insieme con altri prodotti tipo le mele, caricava anche le castagne, ma quantità veramente esagerate. Oggi non c’è neanche un centesimo della produzione di castagne che c’era a inizio secolo. Al tempo tutti raccoglievano castagne, tutti le seccavano, tutti le vendevano e dappertutto: per tutti erano fonte di reddito, di lavoro e anche per mangiare e di sopravvivenza.

Secondo me tra dieci anni la coltivazione delle castagne anche in Val Tanaro finisce, nel senso che non è remunerativo, è una passione che uno ha, ma se dovesse ragionare sul tempo che ci mette… Per noi coltivare le Garessine, essendo piccole, non è che ci sono grossi sbocchi commerciali per il fresco.

Oggi la gente mangia solo con gli occhi, con la dimensione. Tutti questi ibridi che hanno piantato accontentano la vista. ”

Storie di agricoltura.