La Calcina
Sulla montagna di Condove, a circa 650 m di altitudine, in Val Susa, Chiara Vezza coltiva piante aromatiche officinali.
“Io ho studiato Scienze Internazionali e per un po’ ho lavorato nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, cercando di trovare un lavoro che mi permettesse qui di fare quello che avevo studiato, cioè il fatto di fare progetti con gli altri Paesi nel Sud del mondo nella cooperazione allo sviluppo per un po’ ho tentato quella strada ma non mi ha mai soddisfatto perché non ho trovato il mio posto. Cercando sempre un po’ di equilibrio nel fare un lavoro rispettoso sia dell’ambiente che delle persone ho lavorato un po’ nella ristorazione equo e solidale, poi ho deciso che dovevo arrivare a produrre direttamente il cibo. Ho pensato che fosse il momento, anche per il momento in cui eravamo come famiglia – avevamo appena avuto Arianna, la nostra prima figlia – di intraprendere un progetto agricolo, in cui mettere in pratica gli stili di vita che volevamo. E così, connesso con la ricerca di casa, abbiamo cercato anche della terra.
Volevamo vivere in una dimensione più naturale, selvatica, per questo siamo arrivati in quest’area di bassa montagna. Mio marito è del Canavese, vivevamo entrambi nei dintorni di Torino, abbiamo cercato qui in Val Susa perché avevamo già un po’ di amicizie, dimensioni associative anche legate al movimento no Tav, una piccola rete di persone con cui condividevamo idee e stili di vita. E così abbiamo trovato La Calcina. Qui per ora non si arriva in macchina, questo è l’aspetto più curioso, scomodo e a volte anche interessante. Stiamo tentando di fare un accesso carrabile, ma la situazione è molto difficile, confidiamo di riuscirci prima o poi.
Siamo partiti da un’idea di progetto agricolo, di coltivazione, quindi l’allevamento l’avevamo già escluso in partenza perché io non mi sento portata. Ho scelto poi l’ambito dalle piante aromatiche officinali perché mi sembrava la coltivazione adatta a quest’area e perché le aree di montagna sono spesso appezzamenti piccoli, difficili da lavorare con delle macchine; l’idea è stata quella di cercare una coltivazione che fosse gestibile anche in condizioni difficili dal punto di vista logistico e anche gestibile da una donna. E questo si sposava anche con le mie idee di utilizzo delle piante che già facevo prima di coltivarle io direttamente, sia nei piccoli rimedi di cura e di aiuto fisiologico alla nostra quotidianità. Erano piante che io conoscevo e che mi interessavano molto e quindi mi è piaciuto studiare, approfondire, capire tutte le loro proprietà e la loro coltivazione.
Abbiamo circa 5500 mq coltivati a piante officinali divisi in due campi, in due zone, una qui, intorno a casa nostra, e una un po’ più in alto, sempre in questa montagna, a 1500 m; casa nostra invece è a 650 m di altitudine. All’interno di questo terreno coltivato abbiamo anche un piccolo frutteto. Abbiamo poi la zona di pascolo e bosco intorno fino ad arrivare a circa 2 ettari totali di terra. La parte tutta intorno a casa teniamo pulito come bosco, facciamo legna solo con la legna già caduta, utilizziamo l’erba tagliata come pacciamatura: teniamo i terreni in ordine però non li utilizziamo e non li diamo in affitto.
Le piante che coltivo sono tutte piante che utilizzo per fare le tisane o le erbe da cucina: timo, salvia, rosmarino si usano non solo in cucina ma anche nelle tisane. Timo e melissa sono quelle che utilizzo di più e di cui ho quindi maggior produzione.
Ho aperto la P.IVA agricola nel 2016, ma ho iniziato prima a sperimentarmi in questo lavoro. A oggi posso dire che mi dà un reddito che ritengo valido, non tanto in proporzione alle ore di lavoro che faccio ma perché mi permette di vivere qui, di gestirmi il tempo, di fare una cosa che mi piace, di poter anche insegnare ai miei bambini l’idea di coltivare le cose che servono.
Il pensiero che mio marito possa lavorare con me c’è, ma nella pratica non è ancora in programma. Questo per me è il momento in cui il reddito derivato dall’azienda agricola inizia ad avere un senso, ci vuole un po’ di stabilità prima di pensare che tutta l’economia familiare si possa basare su quest’attività”.