Chi semina raccoglie
“ La semina di fatto è, in generale per i contadini, ma sicuramente per me, un momento molto importante dell’anno, che durante l’anno ritorna svariate volte.
In questo periodo – ci spiega Claudio Priotti – parliamo di semina dei cereali vernini e del pisello, ad esempio, però poi a primavera ci sono altri graminacei, altri legumi. Quindi comunque è un momento molto importante perché è un atto di fiducia nei confronti del futuro, si fa del proprio meglio per preparare il terreno e avere le migliori condizioni di fertilità possibili. Dopodiché si semina e si spera che tra 7-8 mesi il raccolto sarà buono e la fatica di adesso verrà ripagata.
Su tutti i nostri campi ci sono in questo momento delle colture che tecnicamente si chiamano cover crop: che servono a tenere coperto il terreno e quindi vengono trinciate e poi in alcuni casi interrate come per i sovesci. Una delle cose che facciamo, è non lasciare mai il terreno scoperto per evitare l’ossidazione delle sostanze nutrienti, per evitare fenomeni di insolazione eccessiva che vanno a degradare anche il terreno stesso in termini di struttura. Quindi teniamo coperto per favorire anche l’ambiente, visto che l’umidità è un po’ più alta, per insettini e abitanti del primo strato del suolo che in verità sono nostri grandi alleati.
In questo momento sfalciamo, trinciamo, interriamo le cover crop, a seconda anche di quello che andremo a seminare. Poi facciamo la preparazione e la scelta del seme, aspetto molto importante: c’è una fase di pulitura, selezione, calibratura e in alcuni casi anche di concia del seme con delle micorrize prima che questo venga messo in terra. Noi lo scegliamo con molta attenzione perché, in effetti, oltre alla densità della semina, oltre alle condizioni del terreno, la qualità del seme dice tanto su quello che potrà essere il risultato. Infatti tendenzialmente il buon seme darà buon raccolto.
Dopo aver arato, amminutato, sminuzzato con dei macchinari che sbriciolano le zolle fino a farle diventare sufficientemente fini, utilizziamo le nostre seminatrici meccaniche, che hanno dei sistemi di dosatura del seme e di inserimento nel terreno a una certa profondità e poi di copertura. Una cosa importante è che i semini siano bene aderenti al terreno. Quindi il terreno deve essere sufficientemente affinato e deve essere un po’ pressato, ma non troppo. Devono essere bene aderenti, perché un seme per germogliare ha bisogno di buone condizioni di umidità e di copertura, quindi più è uniformemente a contatto con la terra umida, migliore e più precoce sarà la sua germinazione.
E in altri casi, ad esempio, come per la semina del grano saraceno, la semina viene fatta a spaglio, quando gli appezzamenti sono molto piccoli, oppure con delle macchine che spargono, lanciano in aria letteralmente i semi e poi si passa con un altro macchinario per coprirli leggermente e pressare un pochino il terreno. Queste sono le tecniche per noi possibili.
Quel che mi è rimasto del passato è il fatto che una volta di fatto la gestione della fertilità del terreno veniva fatta con un concetto circolare, di cascina a ciclo chiuso e quindi gli animali erano un anello importante, perché col loro pascolo e con le loro deiezioni aiutavano.
Quindi una cosa importante da salvaguardare è quel concetto lì, quindi sicuramente è un’eredità da portarsi ben preziosamente avanti. “